Energivori, curare chi è veramente malato

  • Stampa
Valutazione attuale:  / 0
ScarsoOttimo 

Confindustria deve mediare tra vari interessi ma così si rischia di non salvare nessuno. Premiare chi ha consumi regolari

L'Aicep è un'associazione costituita nel 1978 tra grandi aziende industriali ad altissima intensità energetica caratterizzate da un profilo di prelievo piatto, che utilizzano la potenza impegnata per oltre 7000 ore equivalenti  all'anno. Aicep da una decina di anni è associata all'Ifiec (International Federation of Industrial Energy Consumers).

Tutte le sue associate, o direttamente o attraverso le rispettive Associazioni di categoria, sono in Confindustria , ma ciò che da Confindustria possono ricevere riguardo alle problematiche energetiche non è sufficiente a soddisfarne le loro esigenze particolari. Confindustria deve mediare per metter d'accordo troppe tipologie di associati con interessi troppo distanti tra loro.

L'energia per le aziende di tipologia Aicep è praticamente una delle materie prime principali ed il suo impatto sui costi di produzione può raggiungere e superare il 30 % del fatturato. Con i costi energetici italiani, sempre crescenti, la  competitività di queste aziende sui mercati internazionali è compromessa ed è difficilmente ricuperabile, se non si interviene tempestivamente con misure di forte impatto, come hanno già fatto altri Paesi, e non con contributi poco significativi distribuiti anche a chi ne può fare a meno, ma con forti riduzioni, almeno degli oneri generali di sistema, per chi ha gravissimi problemi di competitività.

Cominciando dai costi di trasporto (trasmissione, distribuzione, dispacciamento , perdite, ecc). in continuo aumento, Aicep ritiene che sia necessario, per ragioni di equità, ritornare ad una tariffazione binomia più spinta che sia più orientata a premiare i prelievi di energia che massimizzano la regolarità e la continuità di utilizzo della potenza impegnata. E' necessario che ci si renda conto che chi impegna  potenza  stimola  investimenti in capacità di produzione e trasporto, provocando un aggravio di costi per il sistema e poi, prelevando energia in scarsa quantità ed ampia discontinuità, non partecipa adeguatamente a ripagare detti costi se si adottano tariffe basate sulla sola energia consumata. Chi invece preleva regolarmente e per la maggior parte delle 8760 ore annue rappresenta una economia per il sistema e pertanto deve essere non penalizzato, ma premiato. Chiediamo quindi tariffe binomie e possibilmente differenziate nelle diverse fasce orarie.

E venendo agli oneri impropri occorre tener presente che una medicina va somministrata in dosi adeguate a chi è ammalato e ne ha veramente bisogno, perché, se ripartita in piccole dosi anche a chi può farne a meno, finisce per non curare nessuno e l'ammalato muore.  Aicep, consapevole che Confindustria sta chiedendo di somministrare le dosi in modo che tocchi qualcosa anche a  chi può sopravvivere senza, chiede che, oltre a quelle, si somministrino dosi robuste a chi, come tutte le aziende della tipologia di consumo delle sue associate, ha un impatto superiore al 20 % dell'incidenza dei costi energetici sul valore aggiunto lordo dei suoi prodotti. Aicep, in sintonia anche con quanto Ifiec sta chiedendo alla Commissione Europea, ritiene che le Istituzioni italiane devono necessariamente  trovare il modo di allineare i trattamenti, almeno per la quota parte delle tariffe regolamentate, di aziende omologhe nei vari Paesi europei.

In Francia è previsto un limite massimo all'esborso dovuto a copertura degli oneri di sistema (incentivazioni per le Fer ed altro), per ogni sito di consumo, pari a 550.000 €/anno, ossia 5,5 €/MWh per un consumo di 100.000 MWh/anno, che si riduce ad 1 €/MWh nel caso che il consumo raggiunga il mezzo milione di MWh/anno.

In Germania  ancora meno: le imprese che consumano più di 100 GWh/anno (ossia circa 8,35 GWh/mese di media) ed hanno un rapporto tra il costo dell'energia elettrica ed il valore aggiunto lordo del prodotto superiore al 20 % pagano un EEG-Umlage (corrispondente della nostra componente A3) di  0,5 €/MWh su tutto il consumo.

In Italia con gli scaglioni attuali, che oggi non tengono conto dell'incidenza dei costi dell'energia elettrica sul valore aggiunto lordo, ma solo della quantità d'energia consumata, un consumatore in AT da 100 GWh/anno, a copertura della sola componente A3 (che rappresenta circa il 90 % del totale delle componenti A), paga circa 32,6 €/MWh (65 volte di più di quello tedesco). Tale costo scende all'aumentare del consumo, ma comunque, per arrivare ad un costo superiore di solo dieci volte di quello pagato dall'omologo tedesco, bisogna superare un consumo di 1000 GWh/anno.

Differenze del genere non sono tollerabili; e non mi si venga a dire che c'è l'Europa che non consente aiuti di stato. Sia i francesi che i tedeschi li dichiarano apertamente: con argomentazioni della Commissione Nazionale francese ed una Norma specifica tedesca, relative all'ammissione a sconti per le imprese ad alta intensità elettrica, chiariscono in maniera esplicita l'obiettivo del regime di favore: "ridurre il costo dell'energia elettrica per le imprese in modo da consentire il mantenimento della loro competitività a livello internazionale". 

Questo significa che quei Paesi riescono ad applicare una giusta politica energetica a salvaguardia dell'industria nazionale. Se loro hanno dei problemi di competitività internazionale, figuriamoci quanti ne avranno le aziende italiane!

Perché' in Italia non dovremmo fare qualcosa di simile, dove i problemi dell'industria sono molto più gravi ?

* Presidente Aicep